lundi 12 janvier 2015

Controfuoco, Multitudes Redazione, 11 janvier 2015


http://www.doppiozero.com/materiali/commenti/controfuoco
A due giorni di distanza sono stati perpetrati due orribili atti. Nella redazione di Charlie Hebdo sono state assassinate persone di grande valore, quale che fosse la loro professione o la loro ragione di trovarsi lì. Uomini e donne eccellenti – che preferivano la disobbedienza alla lezione di purezza impartita da un qualsiasi credo religioso o patriottico – sono state ridotte al silenzio. In un supermercato casher, normali cittadini sono stati presi in ostaggio e uccisi. Tutto il nostro affetto e le nostre condoglianze vanno alle famiglie e agli amici di queste persone.

Questi atti sono ingiustificabili. Questa violenza, che porta il vessillo dell’integralismo, è intollerabile anche se viene a ricordarci tutti i difetti e le mancanze delle politiche di integrazione francesi. Riformare queste politiche, sentire l’arabo, ad esempio, negli altoparlanti della metropolitana come qualsiasi lingua europea è un compito essenziale. Ma non basterà a impedire che questi atti tornino a ripetersi.

La prima questione riguarda un fatto di pura e semplice resistenza, ovvero come proteggere dai rigurgiti neoliberali e polizieschi ciò a cui teniamo: la nostra stessa esistenza e quella delle persone a noi vicine, le nostre forme di vita, di collaborazione, di solidarietà.

La seconda riguarda invece più una scelta che una costrizione rispetto all’eredità lasciata da queste giornate: come poter ridere e scherzare ancora, come creare nuovi mondi da vivere senza doverci inginocchiare di fronte a un caporale o a un prete (dalla sottana, spesso, bianco-rosso-blu).

I proiettili che si sono abbattuti su questi due giorni non vengono dal nulla. La “barbarie”, la “follia omicida”, il “terorismo”, il “fanatismo jihadista” sono costruzioni di media portata, composte in realtà da abbandoni, rifiuti che hanno semplicemente trovato una legittimazione che prima mancava.

Il primo imperativo è quindi di identificare queste politiche distruttive, comprendere alcune tra le loro cause più profonde e distinguere le reazioni che contribuiscono ad alimentarle da quelle che aiutano a spegnerle – per far vivere al meglio il nostro desiderio di una vita pluralista e aperta. Per orientarci all’interno dello sgomento che ci ha colpiti oggi, noi proponiamo i cinque seguenti principi:

1 ) Respingiamo con forza qualsiasi discorso “di guerra”. Tutti coloro che fanno appello alla “guerra” contro il terrorismo non fanno altro che gettare benzina sul fuoco. Come hanno perfettamente dimostrato i diversi fallimenti dell’era Bush, ogni guerra al terrorismo non fa che nutrire il terrorismo stesso o comunque minare le buone ragioni per cui ci si batte contro di lui. Contro i proclami paralleli di chi chiama alla guerra “santa” o “repubblicana”, coltiviamo politiche di pace.

2 ) Rifiutiamoci di designare i nostri nemici: identifichiamo piuttosto dei veleni. Invece di nemici contro i quali combattere, indentifichiamo il veleno che spinge alcuni di noi a diventare nostri nemici. Neutralizzare questo veleno, comprenderlo e poi diffonderne l’antidoto farà la forza delle politiche di pace che ci permetteranno domani di scampare alle vendette di ieri.

3 ) Comprendiamo la potenza delle emozioni: cerchiamo le ragioni del cuore. Noi ci ritroviamo disgustati di fronte agli appelli alla vendetta per la strage di Charlie Hebdo tanto quanto lo siamo rispetto ai messaggi di giubilo per la realizzazione di una fatwa. Per quanto inquietanti siano, questi sentimenti sono comunque realtà da prendere in considerazione. Dobbiamo quindi cercare di coglierne le cause motrici. Anche se “irrazionali”, le emozioni altrui devono essere rispettate in quanto tali. Comprendere le loro ragioni, ridurne o eliminarne le cause, in particolare attraverso il sistema educativo e la condivisione delle conoscenze, è il solo modo per sventarne per sempre gli effetti devastanti!

4 ) Difendiamo la libertà: riconosciamola come inseparabile da un’uguaglianza che oggi come oggi non può che essere planetaria. Il veleno jihadista e i suoi succedanei integralisti devono essere trattati come sintomi di squilibri profondi, esacerbati dall’intensificazione parallela della comunicazione planetaria e delle ingiustizie locali. Noi desideriamo tutti difendere la libertà di pensiero, di espressione, di stampa, mediatica, ma anche e soprattutto la libertà di tutti i cittadini del mondo di ridere e gridare. Questo augurio resterà tuttavia vano e inefficace finche non arriverà ad articolarsi attraverso politiche di pace e la costruzione di nuovi sistemi di pensiero e di vita fondati sulla riduzione delle diseguaglianze; diseguaglianze economiche tra le diverse regioni di un mondo dalla comunicazione ormai fluidificata; diseguaglianze sociali tra i quartieri di metropoli ghettizzate; diseguaglianze di accesso alla visibilità e alla legittimità mediatiche.

5 ) Sappiamo che certi fuochi si nutrono degli sguardi che li alimentano: facciamo attenzione alla nostra stessa attenzione. Una delle particolarità delle nostre società mediatiche è costituita dal fatto che si strutturano intorno ad attrattori di attenzione di cui il “terrorismo” fornisce l’illustrazione più emblematica: ci sono atti “terroristici” perché/affinché i nostri media parlano/parlino di questi stessi atti “terroristici”.

Le politiche di pace devono portare a considerare la nostra attenzione come una risorsa troppo preziosa per lasciarsi risucchiare da questa dinamica di auto-consunzione. Diventiamo allora eretici della penna, della matita o perfino del legno, del cemento, del silicio, della pastella per le crêpes con gli occhi sfavillanti e curiosi verso ogni direzione.

Multitudes. Revue politique, artistique, philosophique
www.multitudes.net

Riceviamo da Yves Citton, nostro collaboratore, questo testo della rivista Multitudes, che volentieri pubblichiamo. Traduzione di Isabella Mattazzi.

dimanche 11 janvier 2015

Pétition Pour la constitution d’un gouvernement d’union nationale et le lancement des Etats généraux de la République



L’incroyable mobilisation citoyenne des derniers jours et l’apothéose des défilés de ce dimanche 11 janvier à Paris et dans toute la France ne doit pas être un point final mais l’occasion d’une véritable remise à plat du pacte républicain qui tienne compte des attentes et des espérances.

L’enjeu dépasse la question de la lutte contre le terrorisme et les fanatismes religieux et la nécessaire réaffirmation de l’Etat de droit. Les risques de divisions, de stigmatisations et de replis communautaires sont réels. Il s’agit de repenser les conditions du vivre ensemble dans une société plurielle et ouverte sur le monde qui remette en avant les principes fondamentaux de Liberté, d’Egalité et de Fraternité, une République pour toutes et pour tous, quelles que soient nos origines, nos convictions et nos croyances.

Passée cette phase de deuil, de communion et de rassemblement, nos politiques doivent immédiatement se mettre à la hauteur des enjeux, dépasser les querelles politiciennes qui s’annoncent et éviter les captations du mouvement citoyen à des fins électoralistes. La réponse ne réside pas dans des ajustements à la marge d’un système soumis au spectacle médiatique de la politique émotionnelle, mais dans le retour d’une vision à long terme pour l’éducation, la santé, l’économie, la sécurité, la culture et l’environnement.

Nous appelons le Président de la République à former un gouvernement d’Union nationale et à lancer des Etats généraux de la République qui permettent de canaliser les énergies déployées et de porter le débat des quartiers de nos métropoles jusqu’au plus petit de nos villages, des écoles jusqu’aux universités.

Au lendemain d’une mobilisation sans précédent, nous avons l’occasion historique de construire ensemble la République du XXIème siècle, une République citoyenne, laïque, plurielle et ouverte sur le monde.

N’attendons pas pour passer de la résistance à l’offensive.

Guillaume Drevon, Luc Gwiazdzinski
Grenoble, 11 janvier 2015

samedi 10 janvier 2015

Contre-feu : cinq principes pour demain, Comité de rédaction de la Revue Multitudes, Rue89, 10 janvier 2015


http://rue89.nouvelobs.com/2015/01/10/contre-feu-cinq-principes-demain-257006

Deux actes horribles ont été perpétrés à deux jours d’intervalle. Dans les bureaux de Charlie Hebdo, ont été assassinés des gens remarquables, quelles que soient leur profession ou leur raison de se trouver là. Des figures singulières, qui préféraient l’insoumission aux leçons de pureté des religions comme des nations, ont été réduites au silence. Dans un supermarché casher, des anonymes ont été pris en otages et tués. Nous exprimons notre sympathie et nos condoléances aux familles touchées et à leurs proches.
Ces actes sont injustifiables. Cette violence, drapée dans l’intégrisme, est intolérable, même si elle vient nous rappeler tous les défauts des politiques d’intégration de la France. Réformer ces politiques, faire entendre l’arabe dans le métro comme n’importe quelle langue européenne par exemple, est une tâche essentielle. Mais elle ne suffira pas à empêcher la reproduction de tels actes.
La première question est de l’ordre de la résistance : comment protéger des sursauts néolibéraux et policiers ce à quoi nous tenons, nos existences et celles de nos proches, nos formes de vie, de collaboration, de solidarité ?
Mais la seconde tient de l’héritage choisi plutôt que subi : comment rire et se moquer encore, comment créer de nouveaux mondes à vivre, sans avoir à s’agenouiller devant le caporal chef ou le prêtre (dont la soutane est parfois bleu blanc rouge) ?

S’orienter au sein du désarroi présent
Le feu qui a frappé ces deux jours ne vient pas de nulle part. La « barbarie », la « folie meurtrière », le « terrorisme », le « fanatisme djihadiste » sont des constructions de moyenne portée, faites d’abandons et de rejets qui ont trouvé la légitimité qui leur manquait.

L’impératif premier est d’identifier ces politiques destructrices, de comprendre certaines de leurs causes plus profondes, de distinguer entre les réactions qui contribuent à les alimenter et celles qui aident à les éteindre – pour mieux faire vivre et revivre notre désir de vie plurielle et ouverte. Pour nous orienter au sein du désarroi présent, nous proposons les cinq principes suivants.

1. Nous rejetons tous les discours va-t-en-guerre
Tous ceux qui en appellent à la « guerre » contre le terrorisme ne font que jeter de l’huile sur le feu.
Comme l’ont montré les échecs des années Bush, toute « guerre contre le terrorisme » ne fait que nourrir « le terrorisme », ou saper les bonnes raisons pour lesquelles on se bat contre lui.
Contre les cris parallèles de ceux qui en appellent à la guerre, « sainte » ou « républicaine », cultivons des politiques de paix.

2. Nous refusons de désigner nos ennemis ; nous identifions des poisons
Plutôt que des ennemis contre lesquels nous battre, identifions les poisons qui poussent certains d’entre nous à devenir nos ennemis.
Neutraliser ces poisons, en penser puis en diffuser les antidotes fera la force des politiques de paix qui permettront à demain d’échapper aux vengeances d’hier.

3. Nous comprenons la puissance des émotions ; nous cherchons les raisons du cœur
Nous sommes tout autant dégoûtés par les appels à la vengeance face à l’assassinat de Charlie Hebdo que par les messages de jubilation face à l’accomplissement d’une fatwa.
Aussi inquiétants soient-ils, ces sentiments n’en sont pas moins des réalités à prendre en compte. Et dont il faut essayer de saisir les causes motrices. Même « irrationnelles », les émotions d’autrui doivent être respectées en tant que telles.
Comprendre leurs raisons, en réduire ou éliminer les causes, en particulier par l’éducation et le partage des connaissances, est la seule façon d’en déjouer à terme les effets dévastateurs !

4. Nous défendons la liberté ; nous la reconnaissons comme inséparable de l’égalité qui ne peut aujourd’hui être que planétaire
Le poison djihadiste et ses ersatz intégristes sont à traiter comme des symptômes de déséquilibres profonds, exacerbés par l’intensification parallèle des communications planétaires et des inégalités locales.
Nous souhaitons tous défendre la liberté, de pensée, d’expression, de la presse et des médias, mais aussi et surtout de tous les citoyens du monde désirant rire et crier.
Ce souhait restera cependant vain, pieux et inefficace tant qu’il ne s’articulera pas à des politiques de paix et à la construction d’autres systèmes de pensée et de vie, fondés sur la réduction des inégalités : inégalités économiques entre les différentes régions d’un monde aux communications fluidifiées ; inégalités sociales entre les quartiers de métropoles ghettoïsées ; inégalités d’accès à la visibilité et à la légitimité médiatique.

5. Nous savons que certains feux se nourrissent des regards qui les attisent : faisons attention à nos attentions
Une des particularités de nos sociétés médiatiques est qu’elles se restructurent autour d’attracteurs d’attention dont « le terrorisme » fournit l’illustration la plus emblématique : il y a des actes « terroristes » parce que (et pour que) nos médias parlent de ces actes « terroristes ».
Les politiques de paix impliquent de considérer nos attentions comme une ressource trop précieuse pour se laisser happer dans cette dynamique d’auto-consomption.

Soyons des hérétiques de la plume, du crayon ou même du bois, du béton, du silicium et de la pâte à crêpes, avec des yeux furetant dans toutes les directions.


vendredi 2 janvier 2015

Expérimentations Master Innovation et territoire dans la semaine de l'innovation publique

Les expérimentations du Master Innovation et territoire (www.masteriter.fr) de la plateforme des temps et des mobilités (IGA-UJF-SMTC) présentés dans la synthèse de la semaine de l'innovation publique (Secrétariat général pour la modernisation de l'action publique).

http://www.modernisation.gouv.fr/la-semaine-de-linnovation-publique/revivez-la-semaine-de-linnovation-publique