jeudi 26 décembre 2013

Luc Gwiazdzinski , Géographe: Exploration de la nuit de Milan, Corriere della Se...

Luc Gwiazdzinski , Géographe: Exploration de la nuit de Milan, Corriere della Se...: IL PROGETTO INSIEME AI COLLEGHI DI GRENOBLE HANNO ASCOLTATO CHI VIVE MILANO AL BUIO Maxistudio del Politecnico per leggere la città di...

Design urbain nocturne. Recherche UJF Grenoble / Politecnico de Milano, Corriere della Sera, 23 décembre 2013

RICERCA DI UNIVERSITARI E DOCENTI MILANESI E DI GRENOBLE. «CRITICITÀ IN AUMENTO PIÙ CI SI ALLONTANA DAL CENTRO»
Milano di notte? Si «spegne»
Poco illuminata e trasporti carenti. Ma ha grandi potenzialità

La Milano di notte è ancor più divisa tra centro e periferia. È un puzzle incompleto, con cesure che sembrano insormontabili tra due mondi che non comunicano. È luogo di forti contrasti, che la gente avverte come poli positivi (Navigli) e negativi (periferie). La notte è un test importante, visto che ormai siamo alle porte di Expo, anche per i mezzi pubblici. Chi vive la notte, anche per necessità perché lavora, è costretto a ricorrere a mezzi privati. Ecco l?immagine della metropoli che emerge della prima traversata notturna, realizzata da 60 allievi dell?Università di Grenoble e della Scuola di Design del Politecnico.


(23 dicembre 2013) - Corriere della Sera

http://archiviostorico.corriere.it/2013/dicembre/23/Milano_notte_spegne__co_0_20131223_b9ac1266-6b99-11e3-aae0-b40b93ecc03b.shtml

mercredi 25 décembre 2013

Traversée de Milan la nuit, Article du Corriere della Sera, 25 décembre 2013

Esplora il significato del termine:

LA RICERCA REALIZZATA DA STUDENTI DEL POLITECNICO E DELL’UNIVERSITÀ DI GRENOBLE

La notte di Milano? Critica in periferia
Strade poco illuminate, mezzi pubblici scarsi
Doppia velocità «Il centro vive, le zone decentrate non hanno fatto il salto di qualità. Quartieri dormitorio»


La Milano di notte è un’immagine color seppia, come quella delle vecchie foto dimenticate in un cassetto (GUARDA LA SCHEDA). È un puzzle incompleto, con cesure che sembrano insormontabili tra periferia e centro - due mondi che non comunicano -. È luogo di forti contrasti, che la gente avverte come poli positivi (Navigli) e negativi (periferie). La notte è una cartina di tornasole che permette di verificare come il patrimonio architettonico - chiese, palazzi, monumenti, parchi - non sia valorizzato. Ed è un test importante, quasi alle porte di Expo, sui mezzi pubblici, che a mezzanotte si trasformano in zucche, come nella fiaba di Cenerentola e costringono chi vive la notte, anche per necessità perché lavora, a ricorrere a mezzi privati.

Inchiesta su Milano di notte
             
VIAGGIO NELLA MILANO BY NIGHT - Questo, in sintesi, è il resoconto della prima traversata notturna, realizzata da 60 allievi del Master «Innovazione e Territorio» dell’Università Joseph Fourier di Grenoble e della Scuola di Design del Politecnico di Milano che ha permesso di scannerizzare una cinquantina di chilometri di città attraverso quattro diversi itinerari: dal Forum di Assago e dall’ospedale San Carlo a piazza Duomo, lungo la cerchia dei Bastioni, da Lambrate all’Isola passando sotto la Madonnina. Sessanta persone hanno camminato per otto ore, dalle 22 alle 6 del mattino, interrogando 400 persone incontrate nella notte e visitando 800 luoghi di Milano.

NUOVA TRAVERSATA A PRIMAVERA - Una seconda traversata seguirà tra la prossima primavera-estate, quando l’istantanea cambierà naturalmente i colori, per effetto naturale, e poi una terza, prima di Expo, come spiega Gianni Ravelli, docente del Politecnico, che con Luc Gwiazdzinski, direttore del Master all’università di Grenoble, ha realizzato il primo viaggio notturno milanese. Cominciamo dai lati positivi: la notte milanese è stata «accogliente» per i partecipanti che hanno ricevuto pochissimi rifiuti a parlare da parte dei milanesi, e parla francese grazie a una forte presenza di gruppi africani - Camerun, Burundi, Tunisia, Congo - e nei caffè e locali aperti fino a tardi e nelle residenze universitarie.

IL NEO DEI TRASPORTI PUBBLICI - In testa alle criticità, invece, ci sono i trasporti pubblici: la metropolitana chiude presto e chi viaggia teme le lunghe attese tra un mezzo e l’altro. Al secondo posto, c’è l’illuminazione. Quella stradale è pensata per le auto e non per i pedoni, amplifica l’effetto «città fantasma», è «disordinata, non gerarchica, in base all’importanza dei monumenti, e di vecchia concezione - al sodio -», scrivono gli autori del tour notturno, «così da rendere gli spazi estranei e non rassicuranti». E, poi, a fare da contrasto, ecco le luci sparate, violente e fredde nei nuovi quartieri delle torri-grattacielo.

DUE CITTA’: CENTRO E PERIFERIA - Del report di questo primo viaggio colpisce come i cittadini vedano non una ma due città, che non comunicano: centro e periferia. Due città con forti diseguaglianze, non solo per l’illuminazione, ma per i servizi, i negozi, i trasporti. Non c’è offerta di convivialità ma neppure una toilette senza pagare. Non c’è un luogo pubblico vivibile e vissuto. I «nuovi edifici del potere economico e commerciale sorgono isolati e arroganti, senza tenere conto del contesto», piccole imitazioni anche in periferia di Piazza Affari. Poche le informazioni sull’offerta notturna di esercizi aperti, orari, manifestazioni, «per una città che sembra più attenta a gestire la sua immagine per gli stranieri che per gli abitanti».

LUCI E PANCHINE - Città grigia di giorno, spenta o spettrale di notte, dove è la pubblicità con i suoi schermi immensi ad occupare ogni spazio. E, infine, curioso il capitolo graffiti. «I milanesi, tutti quelli interpellati, condannano le tag sui pali della luce, sulle porte delle case, che considerano graffiti da combattere, promuovono i murales», conclude Gianni Ravelli. E chiedono piccole cose, oltre alla luce: una panchina per sostare e musei che non chiudano troppo presto.

25 dicembre 2013

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/13_dicembre_23/notte-milano-critica-periferia-strade-poco-illuminate-mezzi-pubblici-scarsi-1de63b96-6ba7-11e3-82ae-77df18859bd6.shtml

Exploration de la nuit de Milan, Corriere della Sera, 16 décembre 2013

IL PROGETTO INSIEME AI COLLEGHI DI GRENOBLE HANNO ASCOLTATO CHI VIVE MILANO AL BUIO

Maxistudio del Politecnico per leggere la città di notte

Partendo dalle periferie e un professore come guida


Sarà presto disponibile una radiografia della Milano notturna, dei sogni di chi la vive come quasi unica dimensione, perché di notte lavora, di chi la usa come luogo di divertimento, di chi la subisce, perché la dimensione più normale della notte è quella del tempo del riposo. Una sessantina tra studenti del corso di Scenografie di luce di Gianni Ravelli, della Scuola di design Politecnico di Milano, e studenti nonché ricercatori e collaboratori di Luc Gwiazdzinski, direttore del master Innovazione e territorio dell?Università Joseph Fourier di Grenoble, sabato notte, hanno compiuto a piedi l?attraversata della metropoli, partendo da quattro diverse periferie: Forum di Assago -Duomo, via Navigli, Colonne di San Lorenzo; Ospedale San Carlo-Duomo, via piazzale Aquileia e Castello; la cerchia dei Bastioni; Lambrate, Politecnico-Piazza Duomo - piazza Gae Aulenti- Isola. Milano è così diventata parte integrante di un laboratorio di idee che ha già «scannerizzato» cento metropoli d?Europa. Il professor Gwiazdzinsk, che nasce come geografo, sintetizza così il senso del progetto: «La notte ha molte cose da dire al giorno. Nella notte si sviluppano saperi particolari. La notte è come una compagna». Eccoci all?appuntamento prima in piazza Duomo con i quattro gruppi di marciatori della notte, poi al quarto itinerario, partenza dalla Stazione Lambrate, intervistando uomini e donne che vivono le più diverse dimensioni della notte, dal taxista al tramviere, dal panettiere all?infermiera, per finire con i protagonisti della movida. «La notte è occasione di pensare». Per esempio alla nuova tettoia che di giorno, nella fretta di un pendolare, neppure si nota mentre a notte fonda, illuminata come un albero di Natale, calamita gli sguardi. «Le donne sono escluse dalla notte, la temono, si sentono insicure, i mezzi pubblici sono pochi, la luce è poca». Il professore va dritto al cuore del problema: «Se la politica non si interessa della notte, mette le persone più fragili in posizione terribile». Ed ecco perciò la notte come momento per una visione di cosa è la città e di come potrebbe/dovrebbe diventare. A «Luc» piace questa dimensione «dimenticata della città, terreno sconosciuto. Io sono nato in Lorena, terra di siderurgia, dove il sole aveva sempre un colore rosso. La mia famiglia s?è divisa tra il lavoro in acciaieria e quello nella boulangerie. Viveva di notte, dormendo solo poche ore. E, poi, ho lavorato sulla mobilità nelle città e ho visto come sia pensata per una giornata corta, di 6/8 ore. Anche quando le attività del giorno entrano nel tempo della notte». Una radiografia è indispensabile per poter fare una diagnosi anche di una città, secondo alcuni «malata», per esempio, di Movida, secondo altri, «insicura» oppure «grigia e buia».


D'Amico Paola

Pagina 05

(16 dicembre 2013) - Corriere della Sera


vendredi 13 décembre 2013

Luc Gwiazdzinski , Géographe: Interview sur la ville sensible, Luc Gwiazdzinski,...

Luc Gwiazdzinski , Géographe: Interview sur la ville sensible, Luc Gwiazdzinski,...: Interview sur la ville sensible et l'émotion, Luc Gwiazdzinski, Site Naked Town sur l'urbanisme http://www.naked-town.com/#!int...

Interview sur la ville sensible, Luc Gwiazdzinski, Naked Town


Interview sur la ville sensible et l'émotion, Luc Gwiazdzinski, Site Naked Town sur l'urbanisme

http://www.naked-town.com/#!interviews/c1n0f

Naked Town, nouveau site sur l'urbanisme
Naked-Town est né d'une collaboration d'étudiants de la cité des Territoires à Grenoble. Au travers de différents outils et thématiques, ce site a pour but de questionner la ville. Nous proposons en particulier de confronter la réalité urbaine à des discours scientifiques et artistiques. Nous cherchons à faire le lien entre les connaissances théoriques et le terrain par le biais de photographies, vidéos ou autres représentations artistiques. 
Gaspard Landel et Rémi Avril

jeudi 28 novembre 2013

Eloge des bords de route, Luc Gwiazdzinski

Luc Gwiazdzinski


Notre nature est dans le mouvement.
Pascal

La route est contraste, la route est paradoxe qui irrigue le monde et fractionne les territoires. On la loue souvent car elle est l’image même de la liberté. On la remercie car elle apporte l’aventure et le rêve. On l’emprunte de plus en plus sans vraiment savoir à qui. On l’attend car elle serait synonyme de développement. On s’en méfie car elle apporte le changement. On l’aime dans des corps à corps sensuels où « on la prend » pour d’autres horizons. On enfourche parfois sa moto et on s’engage dans les courbes. On la maudit qui nous enfume d’un nuage de poussière. On la redoute et on la craint quand elle tue. On l’exorcise à coup de chapelets, de médailles de saint Christophe, de croix ou de temples. On la suit souvent car elle mènerait à Rome. On l’emprunte avec des compagnons qui prendront son nom. On la perd aussi comme un chemin. On peste contre elle quand elle charrie les nuisances. On atteint rarement le bout. Si le rêve persiste, la route a perdu de l’épaisseur, le voyage une part de sa magie et le territoire traversé de l’importance au profit du seul point d’arrivée. Effet tunnel garanti. La sortie de route s’impose. L’aventure est aussi au bord du chemin. Eloge des bords de routes.

Un monde oublié. La route est devenue un espace-temps subi qui sépare le départ de l’arrivée, un simple support technique pour le véhicule qui nous héberge. Les guides n’en parlent plus. L’automobiliste, « handicapé du réel », installé dans sa bulle –prolongement de son domicile – emprunte ce « tunnel temporel » avec des œillères et l’autoradio comme seul compagnon. Aucun risque de partir dans le décor. A peine quelques panneaux touristiques bruns pour détourner l’attention vers un site ou un bâtiment remarquable instrumentalisé par l’économie du tourisme et le marketing territorial. En voiture comme en train ou en avion, l’aventurier du chronomètre n’a souvent plus qu’une idée en tête : arriver le plus vite possible à destination. La route, comme les autres infrastructures nécessaires à la circulation accélérée des hommes et des biens, est souvent devenue un non-lieu   que l’on se hâte de traverser. Le parcours s’est peu à peu effacé au profit de la destination comme si le territoire traversé n’avait plus d’importance. On a cherché à le gommer, à supprimer ses rugosités, rêvant sans doute d’abolir l’espace et le temps. Pire, malgré le confort amélioré, le voyage est devenu une contrainte, au mieux un temps perdu à occuper, un paysage lointain, prétexte à rêverie. La mobilité érigée en concept est devenue technologique, aseptisée. Le voyageur, autiste en suspension au-dessus du paysage, un être fatigué, pressé d’en finir. L’avènement rapide du GPS supprime les raisons de se perdre et les contacts fortuits avec les autochtones et le territoire traversé ou les limite aux seuls arrêts imposés en stations services, oasis de temps continu où d’hypermodernes nomades se sustentent et abreuvent leurs montures à prix d’or. Sortie interdite. Péage imposé. 

Une image dégradée. Après le rêve et le mythe du désenclavement, la route a désormais une image négative. Les médias nous matraquent de messages sur l’insécurité routière, les encombrements, les pirates et barbares de la route. On nous explique qu’elle coûte cher en vie humaine et en pollution. On pointe son impact négatif sur les écosystèmes, le paysage, la santé et le réchauffement climatique. La route est sacrifiée sur l’autel du développement durable et de la société du bien-être. Au quotidien, la route est également devenue le symbole de la routine et des épuisantes migrations domicile-travail. On s’y sent de plus en plus encadré surveillé et contrôlé par les caméras, les radars ou les forces de l’ordre. L’automobiliste qui l’emprunte se proclame vache à lait. Déjà technicisée et déshumanisée, la route devrait pourtant bientôt devenir intelligente pour encore plus de confort et de sécurité. 

Un territoire à découvrir. La route n’est pourtant pas qu’un ruban de bitume, un simple réseau technique capable de nous mener en toute sécurité d’un point à un autre. L’autoroute non plus. C’est aussi un monde habité et peuplé sur ses marges. Si prêt, si loin, le monde de la route reste un monde ignoré. Il suffit un jour de tomber en panne pour découvrir un autre univers, au bord, sur le bas-côté, dans les fossés. Les occasions de se décaler de la sorte ne sont pas légion. Sauf à travailler comme cantonnier, à œuvrer dans les services de l’Equipement, pilote d’un de ces engins de la mort – tracteurs équipés d’un long bras qui broient tout sur leur passage – ou à faire partie des patrouilleurs de l’autoroute, il y a peu de chance que vous soyez obligés de suivre ces chemins de traverse, de longer à pied le fleuve automobile. Avec une espérance de vie de 20 minutes en moyenne au bord d’une autoroute, c’est sans doute une bonne chose. Il existe pourtant quelques situations qui nous poussent à faire ce pas de côté et nous entrainent au bord des routes. Pour le meilleur et pour le pire.

Arrêt obligé. La panne est l’un de ces moments. Nous n’évoquons pas celle fictive qui préfigure de tendres corps à corps mais plutôt l’incident mécanique ou la panne d’essence qui réduit le fier automobiliste en modeste piéton errant la tête basse quémandant d’un signe de la main l’arrêt d’un congénère pressé. L’auto-stop, formidable moyen de transport dont on connaît le lieu et l’horaire de départ mais rarement les lieux et horaires d’arrivée est une autre occasion de changer d’échelle et de regard. Il arrive que pour un mot de travers, une remarque, une opinion différente, une avance refusée, on se retrouve éjecté au milieu de nulle part, au bord de la route. Les très courus chemins de Saint-Jacques qui suivent parfois les nationales offrent la possibilité de belles galères sous un soleil de plomb. Les voies de la démocratie locale qui empruntent parfois les chemins tortueux des collages nocturnes sur les panneaux et poteaux de bord de route permettent aussi de s’encanailler sur les bas-côtés. Dans tous les cas, on se sent un peu naufragé, fraudeurs, jouant sur les marges et les interdits.

Décalages garantis. Au bord de la route, le choc entre les deux espaces de stock et de flux s’accompagne d’un choc entre deux temps et deux vitesses. On rêve un instant, comme naufragé, suspendu, échoué. La route est proche mais déjà mise à distance. « L’île de béton » de J.G. Ballard n’est pas loin mais il n’est pas sûr que l’on puisse survivre longtemps au bord de la route, d’un fond de bouteille de soda ou d’un hamburger avarié. Planté au bord de la route, on ressent physiquement le décalage entre la vitesse des véhicules et sa propre vitesse, réduite, limitée. Décalage renforcé par le bruit des véhicules qui s’approchent et qui s’éloignent, l’odeur des gaz d’échappement qui font de même et parfois le filament musical d’une chanson, d’un air de musique dont on cherche le nom. Danger et abandon sur le bord du fleuve, sur la marge, au bord de la route. Puis on finit par trouver son propre rythme, à philosopher sur l’agitation ordinaire, la vitesse avant d’atteindre la borne téléphonique, la station service ou le village proche. Des rives et des rêves.

Cabinet de curiosités. Le bord de route est aussi une déchetterie en plein air, un miroir qui nous renvoie la pire image de notre société de consommation. Les scories du monde contemporain finissent là, échouées au bord des routes. Poussières d’estran sur lesquelles nous progressions. Se promener, longer les rives et faire l’inventaire des déchets, consciencieusement. Relever tout ce qui traîne par terre dans le fossé... À proximité de l’asphalte, l’herbe est noire d’un mélange de polluants, de métaux lourds et d’autres spécialités routières dont la seule énumération pourrait nous rendre malade. En contrebas, dans le fossé et derrière dans les herbes folles – quand on les laisse se développer – on retrouve un patchwork peu ragoûtant : cannettes en aluminium de boissons gazeuses mais aussi boîtes de bière, paquets de cigarettes américaines, mégots, couches-culottes, mouchoirs en papier, restes de sandwichs… le tout dans un état de décomposition plus ou moins avancé.

Lieu vivant de communication et de débat. C’est au bord des routes que s’étalent avec le plus de violence les supports publicitaires de notre société de consommation. Panneaux destinés à être vus d’une automobile en mouvement. Panneaux géants et souvent doubles qui impressionnent et écrasent le piéton perdu en ces lieux. C’est dans les périphéries de nos villes, à proximité des zones commerciales que les bords de route sont les plus encombrés. C’est le long des autoroutes de Tchéquie que nous avons aperçu les plus grands panneaux. Véritables paysages publicitaires. Presque irréels. Partout au bord des routes des logos, des marques, des codes, pour nous déboussoler. Comme si les habitants, les publicitaires, les promoteurs, les urbanistes d’hier et d’aujourd’hui s’étaient donné rendez-vous pour brouiller les pistes. Le bord des routes est aussi le lieu de l’indignation, de la contestation. « Non à l’enfouissement des déchets ! » « Oui au contournement ! »  « Non à la route ! » « Non à la destruction du paysage ! » Le débat est permanent. Paroles libérées. La société à livre ouvert. En période électorale, le bord des routes, les poteaux et les ponts sont envahis d’affiches où chaque candidat expose sa trombine ou ses promesses et se battent pour exister face aux affiches de cirques. Parfois les slogans peints résistent au temps. Désormais les tags ajoutent encore à la confusion. Superposition de langages, bric-à-brac de styles, choc des époques, des images et des mots. Entre religion et érotisme, manipulation et hasard, sillonner les routes c’est aussi traverser « l’empire des signes » et dérouler le fil d’Ariane jusqu’à la rupture. Panneaux publicitaires, panneaux de circulation, bâtiments, graffitis, ponts, ouvrages d’art et tunnels, mobilier urbain, ex-voto, publicités, monuments, murs, affiches, vêtements, musiques, bruits, odeurs, langues : chacun peut perdre son latin dans cette Tour de Babel de l’information. Même pour les panneaux touristiques bruns, on frôle désormais la saturation. Sur certaines portions, la moindre ferme effondrée devient source d’inspiration. Et si rien de remarquable n’apparaît, reste alors à signaler les promenades en forêt et les pistes cyclables. On doit cependant avouer une certaine tendresse pour les panneaux champêtres en bois, peints à la main qui font la joie des petites départementales : « fruits à 100 mètres » ; « cerises et asperges à 200 mètres » ; « emplacements de caravanes à louer » ; « chambre d’hôte ». En été ils fleurent bon les vacances. En hiver, ils font rêver au soleil. En Pologne, on voit souvent au bord des routes des personnes cherchant à vous vendre un pot de miel ou de myrtilles. Au Brésil ou en Afrique, le long des routes de forêt, des tables en bois ou des stands vous proposent des légumes cultivés sur place. Pourquoi s’offusquer alors qu’avec d’autres moyens la grande distribution et les enseignes prestigieuses ne se gênent pas. La réglementation est claire qui stipule que toute publicité est interdite sur les immeubles classés parmi les monuments historiques ou inscrits à l'inventaire supplémentaire, sur les monuments naturels et dans les sites classés, dans les parcs nationaux et les réserves naturelles et sur les arbres. En dehors de ces publicités illégales, les pré-enseignes dont les dimensions sont plus limitées doivent être proches de l'activité signalée, et constituer un « service à l'automobiliste ». Malgré ces textes, il semble bien difficile de faire respecter les lois au bord de nos routes.

Zone habitée. La route n’est pas qu’un lieu de passage. Elle est habitée par diverses peuplades sédentaires ou mobiles qui y passent au moins une partie de leur vie. Il y la noblesse avec ses chauffeurs routiers et leurs camions qui garent leurs mastodontes sur les aires d’autoroutes à la manière des chariots des colons autrefois au Far West. On compte aussi les gens du voyage, les circasiens et les forains qui ne sont pourtant pas traités comme des princes. Il y a également des habitants de plus en plus lisibles les SDF qui campent sur les rocades, squattent les bords de route et profitent de ces zones de liberté, de ces délaissés soumis aux nuisances. Chassées des centres, ils ont planté leurs tentes ou leurs habitacles de carton sur les rocades, dans l’herbe, au bord des autoroutes. Autre peuplade celle des anges gardiens, composée de la police et des compagnies de CRS mais aussi de patrouilleurs sur l’autoroute, de dépanneurs, de garagistes. Ils sont cousins avec les nettoyeurs, qui entretiennent la route et ses abords et avec l’intendance, c'est-à-dire toutes les personnes qui s’occupent de la logistique pour que l’usage de la route soit facile (pompistes, dames au péage condamnées par l’automatisation…). On évoquera encore le peuple des survivants. Si la peinture et la littérature sont emplies d’images bucoliques de voyageurs allongés au bord du chemin avec leur bâton et leur petit balluchon, on croise désormais très peu de ces flâneurs, allongés le long des voies. On retrouve ces figures dans des pays où l’on marche encore beaucoup le long des routes comme à Madagascar ou plus près de nous en Pologne. On se souvient aussi d’un vieil homme avec sa canne et son chapeau dans les hauts à la Réunion, un homme en pleine sieste dans l’herbe du fossé de la route menant de Batna à Constantine en Algérie. L’impression que ce ne sont pas eux qui sont allés s’asseoir au bord de la route mais que c’est la route qui est venue à eux. Dans ma Lorraine natale, les soirs de grande chaleur, quelques personnes sortent encore leur chaise devant les portes pour prendre le frais. Comme en Algarve, dans le sud du Portugal. Survivants spectateurs. On n’oubliera pas le peuple des passants ordinaires, c’est-à-dire vous et moi qui empruntons la route dans nos déplacements quotidiens ou occasionnels pour la rendre aussitôt à d’autres. Les bords de route ont aussi leurs rites, leurs coutumes. On saucissonne encore sur les bords des routes et sur les aires d’autoroute. L’interminable fille d’attente devant les toilettes de la station d’autoroute où les occupants des bus accourus de l’heure entière semble s’être donné rendez-vous est un must des départs en vacances. On salive encore après des kilomètres devant le panneau « Frites à 100 mètres ». On redevient enfant pour applaudir le passage éclair des forçats de la route et s’émerveiller de la caravane du Tour de France. Carte postale d’une France bon enfant qui s’aligne au bord des routes en short et en maillot.

Ecosystème particulier. Les hommes ne sont pas les seuls à peupler la route et ses abords : talus, fossés, accotements, et terre-pleins forment un écosystème très particulier. Les fossés et bas-côtés sont souvent le dernier terrain d’aventure pour la flore et la faune locales. À côté du demi million d’arbres plantés le long des routes, un grand nombre d'espèces sauvages trouvent là les conditions nécessaires à leur développement. En France, ces milieux spécifiques –désormais appelés « écosystèmes des bords de route » ou « écosystèmes des dépendances vertes routières » – représentent 2 850 kilomètres carrés pour les routes nationales et 2 000 kilomètres carrés pour les dépendances de voiries communales. Les bords de route seraient le plus grand ensemble naturel sauvage du pays comparé aux 3 450 kilomètres carrés de nos six parcs nationaux. En Angleterre on a recensé là 35 espèces végétales, une vingtaine de mammifères et 25 papillons. En Wallonie, les bords de route accueillent plus de 700 espèces végétales, soit 50 % de la flore de la région dont certaines espèces protégées. Derrière sur les piquets les buses surveillent leur garde-manger. Fiers rapaces transformés en poules d’autoroutes alignés comme à la parade pour saluer notre passage. D’autres congénères bataillent dans le ciel avec les corneilles. Des faucons crécerelles jouent leur numéro d’équilibriste dans un vol stationnaire dont ils ont le secret. Quand les voitures s’éloignent et selon les saisons on entend parfois d’autres bruits : criquets, grillons. Dans l’herbe, on peut deviner un animal qui se faufile, lézard, merle, campagnol…Plus loin au second plan quelques vaches ne s’intéressent plus guère au passage.

Champ de bataille. Buses, faucons crécerelles mais aussi hérissons, serpents, lézards et insectes vivent sur la route ou à côté et paient un lourd tribut à la route. Sur la chaussée, après les pointillés, on trouve pléthore de ces trophées aplatis : hérissons, lapins, orvets, insectes… Le tunnel de la mort.  Chaque année, des milliers d’animaux meurent sur les routes et jonchent les bas-côtés se mêlant aux déchets et autres bouts de pneus mal rechapés. Patchwork animal qui se parchemine avec le temps. Hérissons, lapins, crapauds, lézards, oiseaux, escargots, limaces, insectes mais aussi chiens et surtout chats domestiques… Plus rares : renards chevreuils, blaireaux même… Le bord de nos routes ressemble souvent à un champ de bataille. Les perdants sont toujours du même côté. Espèce qui supporte les plus lourdes pertes, le hérisson est devenu le symbole de ce massacre. Sur d’autres continents, c’est le tatou. Ces animaux traversent souvent les routes dans leurs déplacements ou s'y aventurent attirés par les cadavres écrasés. Le réflexe millénaire qui le met en boule leur est fatal. France le nombre de collisions avec des cervidés et sangliers a été multiplié par quatre en huit ans. Avant de vous en prendre aux inconscients qui écrasent des animaux, regardez le pare-brise de votre voiture. En été, c’est un cimetière d’insectes que vous balayez à la station d’un coup de grattoir magique. La vie d’un chat serait-elle supérieure à celle d’un papillon ?

Champs de bataille mondialisé. La mondialisation, l’explosion des échanges se vit aussi au bord des bords de route. La diffusion des plantes invasive suit les voies de communication : routes, voies ferrées, fleuves. Les fossés, bas-côtés et autres délaissés sont le lieu d’un combat qui modifie considérablement la structure et le fonctionnement des écosystèmes au détriment de la flore et de la faune locales. Les plus exercés reconnaîtront sans peine quelques spécimens de ces envahisseurs : le Séneçon sud-africain, astéracée aux fleurs jaunes introduite involontairement en Europe à la fin du XIXe siècle par l’intermédiaire des importations de laine de mouton ; le Buddléa, ou « arbre à papillon », originaire de Chine, avec ses fleurs violacées ; la Renouée du Japon, espèce aux rhizomes développés qui possède aussi la capacité de régénérer à partir d’un simple fragment de tige et Le Solidage glabre et Solidage du Canada, astéracées originaires d’Amérique du Nord reconnaissables à leurs inflorescences terminales en grappes et des fleurs groupées en petits capitules jaunes. L’invasion a commencé, mais qui la remarque et qui s’en soucie ?

Ne passez pas votre chemin ! Les bords des routes, les fossés, les bas-côtés ne sont pas de simples lisières délaissées et sans intérêt. Ce sont des lieux habités, des espaces vivants à explorer où chacun peut s’amuser à lire les tensions, les contradictions et les espoirs d’une société en mutation rapide. Voyageurs ! Ne passez pas votre chemin ! Arrêtez-vous un instant ! Regardez vos congénères pressés s’agiter dans les tuyaux. Passez sur le bas-côté. Eloge des bords de routes.


Biographie
Luc Gwiazdzinski est géographe, enseignant chercheur et fondateur avec l’économiste Gilles Rabin de l’agence Sherpaa qu’il dirige. Il a publié de nombreux articles sur le temps, la route et les mobilités dont La ville 24h/24, 2004, Editions de l’Aube, La nuit dernière frontière de la ville, 2005, Editions de l’Aube et récemment avec Gilles Rabin Si la route m’était contée, 2007, Editions Eyrolles ; Carnets périphériques, (à paraitre), Editions l’Harmattan
lucg@sherpaa.com


Bibliographie
BALLARD J. G., Concrete island, L'île de béton, trad. Georges Fradier, Ed. Calman-Lévy, 1974
CERTEAU (de) M., 1990, L’Invention du quotidien, Gallimard.
CHATWIN B., 1996, Anatomie de l’errance, traduit de l’américain, Grasset.
REDA J., 1997, La Liberté des rues, Gallimard.
SANSOT P., 2000, Chemins aux vents, Payot.

(*) Certains passage de cet article sont extraits d’un ouvrage paru début 2007 : Rabin G., Gwiazdzinski L., 2007, Si la route m’était contée, Editions Eyrolles

lundi 30 septembre 2013

Entre Castorama et Sephora, construisons une politique des temps


Fermeture du magasin Sephora des Champs Elysées à 21h ou débat sur l'ouverture des magasins de bricolage le dimanche, réforme des retraites : les temps changent et nous ne changeons toujours pas de regard sur la ville et la société.

Il faut dépasser la question des calendriers et des horaires d'ouverture des commerces pour poser plus largement la question des temps de nos vies et de nos villes.

Profitons de cette actualité pour faire de la "qualité du temps de vie" et d'une "écologie du temps", le projet politique de ce début de millénaire.

Faisons des "politiques temporelles" et du "chrono-urbanisme" des démarches et outils centraux pour la fabrique et la gestion de nos villes et nos territoires.

Mettons enfin en place un large débat sur le temps. Sans débat public, les arbitrages se font toujours au détriment des plus faibles, celles et veux qui n'ont pas les moyens de dire non à un travail de nuit ou le dimanche, ni de se payer les services de temps qui permettent de s'arranger.

Sur ces questions temporelles naturellement complexes, nous sommes schizophrènes argumentant pour l'ouverture ou la fermeture des services selon les moments de la journées et nos statuts temporaires de producteurs et de consommateurs.

Dans une société hypermoderne et paradoxale soumise à la fois aux pressions du marché et aux rigidités des institutions nous devons poser le diagnostic, débattre et nous interroger collectivement : le jeu en vaut-il la chandelle ?

La ville 24h/24 et 7j/7 si je veux...

Luc Gwiazdzinski


En savoir plus :
http://territoires2040.datar.gouv.fr/spip.php?article221

vendredi 27 septembre 2013

Nuit blanche à la Radio suisse romande


Nuit blanche ou la Traversée des nuits suisses avec la radio suisse romande, 27-28 septembre 2013 :
http://www.rts.ch/services/recherche/?q=nuit

Impressions multiples :
- Une préparation médiatique aux nuits blanches d'octobre de Paris, Toronto et ailleurs ;
- Une invitation magique à l'exploration de l'autre côté de la ville ;
- Un voyage par procuration dans les nuits de suisse et du monde ;
- Un tableau contrasté des nuits urbaines ;
- La confirmation d'une nuit plurielle difficile à mettre en équations ;
- Une preuve supplémentaire que la nuit s'invite dans l'actualité du jour ;
- Un tableau classique des nuits et de leurs tribus : conflits entre la ville qui dort et qui s'amuse, urgence, violences, divertissement, travail, mobilité, nuits sauvages (...)
- De savoureux portraits de praticiens, professionnels et amoureux de la nuit ;
- Cerise sur le gâteau  : un tableau poétique des nuits de Tokyo, l'éloge des bars, de la liberté et des vies multiples avec Georges Baumgartner.

Suites à imaginer :
- Penser le système dans son ensemble ;
- Concilier le droit à la ville et le droit à la nuit ;
- Saisir les paradoxes de la nuit hypermoderne : "sans lumière pas de ville la nuit et trop de lumière tue la nuit";
- prendre conscience de notre schizophrénie : "on veut une ville ouverte mais on ne veut pas travailler toute la nuit" ;
- Cesser de subir les évolutions de la nuit urbaine ;
- Construire une prospective de la nuit ;
- Mettre enfin la nuit à l'agenda politique ;
- Prendre soin de la nuit ;
- Toujours se demander "si le jeu en vaut la chandelle".
- Faire de la nuit une nouvelle frontière pour l'invention, une plateforme d'innovation mêlant tous les acteurs concernés

... "La nuit a beaucoup de choses à dire au jour"

Luc Gwiazdzinski, Thoard, 5h45


NB. Bravo ! Expérience à renouveler !

mercredi 5 juin 2013

10èmes rencontres franco-suisse des urbanistes, Concevoir la ville pour vivre le temps, Lausanne, 5 juillet 2013





Urbanistes des Territoires
Association des Professionnels de l’Urbanisme des Collectivités et Territoires
FSU Section romande
Fédération suisse des urbanistes
10ème Rencontre franco-suisse des urbanistes
Vendredi 5 juillet 2013

Université de Lausanne – Quartier Sorge - Bâtiment Génopode Metro M1 , Arrêt UNIL Sorge – Autoroute A1, Direction Lausanne Sud, Sortie UNIL EPFL
Plan d'accès : http://planete.unil.ch/


Concevoir la ville pour vivre le temps

Aujourd'hui, de multiples temporalités urbaines, générées tant par la ville elle-même que par ses résidents, interfèrent avec l'organisation du territoire. Ainsi, le temps et l'espace se combinent pour modeler nos métropoles et ont fait naître de nombreux concepts tels que chronoaménagement, accessibilité, proximité, banques du temps, maison des temps, etc.
Penser la ville, c'est se confronter aux "prescripteurs de temps" qui l'habitent et à la pluralité des temps sociaux qui la régissent. Ainsi, concepteurs et gestionnaires doivent s'approprier les différents rythmes urbains afin de créer l'espace nécessaire à la synchronisation des temps individuels ou collectifs.
Au cœur du débat sur le projet urbain se posent les questions de la qualité du temps perçu et de l'intensité du temps vécu. Cependant, à l'heure de la ville connectée, l'ère du "tout en même temps" n'est-elle pas venue? L'enjeu de la "ville hors ligne" ne préfigure-t-il pas la révolution temporelle de demain?
Lors de cette rencontre, des urbanistes et des chercheurs suisses et français débattront de l'articulation entre temps et territoires. Ils s'efforceront, à l'aide d'exemples concrets et d'analyses plus théoriques, de mettre en évidence les liens entre l'agencement de lieux ou de réseaux et les temporalités des citadins.

Cette 10ème Rencontre franco-suisse des urbanistes, toujours bien amarrée sur les rives du Lac Léman, s'adresse en priorité aux professionnels de l'urbanisme. Les enseignants, les étudiants, les curieux et tous ceux qui s'intéressent aux temporalités urbaines sont les bienvenus.

Organisation
Urbanistes des Territoires (UT)
Fédération suisse des urbanistes, section romande (FSU)
Institut de Géographie et Durabilité (IGD)
Observatoire universitaire de la ville et du développement durable (OUVDD)
Inscription gratuite et obligatoire - Repas sur place à charge des participants
www.urbanistesdesterritoires.com www.unil.ch/ouvdd www.fsu-r.ch

Renseignements - Documents - Inscription
www.unil.ch/ouvdd
Inscription jusqu’au 21 juin 2013
Lou Herrmann, OUVDD et IGD
lou.herrmann@unil.ch
Renseignements complémentaires France : Bernard Lensel, UT
blensel@yahoo.fr
Suisse : Thierry Merle, FSU / UT thierry.merle.urba@gmail.com

Urbanistes des Territoires
Association des Professionnels de l’Urbanisme des Collectivités et Territoires
FSU Section romande
Fédération suisse
des urbanistes

Grand témoin
Luc Gwiazdzinski, géographe – Grenoble – France
Luc Gwiazdzinski est géographe, enseignant en aménagement et urbanisme à l’Université Joseph Fourier (IGA), responsable du Master Innovation et territoire (www.Master.fr) et chercheur au laboratoire Pacte (UMR 5194 CNRS) à Grenoble. Il a dirigé de nombreux programmes de recherche et colloques internationaux sur les temps de la ville et publié plusieurs ouvrages parmi lesquels : La ville 24h/24, 2003, Editions de l’Aube ; Si la ville m’était contée, Eyrolles ; La nuit, dernière frontière de la ville, 2005, Editions de l’Aube ; La nuit en questions, 2007, Editions de l’Aube ; Périphérie, 2007, l’Harmattan ; Si la route m’était contée, 2007, Eyrolles ; La fin des maires, FYP Editions ; Urbi et Orbi, 2010, Editions de l’aube.
Voir notamment articles en ligne :« Temps et territoires : les pistes de l’hyperchronie », revue Territoires 2040, n°6, 2012, p. 76-97 / http://territoires2040-datar.com/spip.php?article221« Redistribution des cartes dans la ville malléable », revue Espace, populations, société, n°2-3, 2007, p. 397-410 / http://eps.revues.org/index2270.html« La ville malléable », in La ville adaptable, insérer les rythmes urbains, 2012, Europan, p.10-14 / http://rp.urbanisme.equipement.gouv.fr/puca/concours/E12_theme.pdf


Vers un urbanisme des temps

L’espace est la forme de ma puissance, le temps est la marque de mon impuissance.
 Jules Lagneau

Le temps est longtemps resté le parent pauvre des réflexions sur le fonctionnement, l’aménagement ou le développement des villes et des territoires au bénéfice de l’aspect matériel. Aujourd'hui, les horaires et les calendriers d’activités des hommes et des organisations donnent le tempo, règlent l’occupation de l’espace et dessinent les limites de nos territoires vécus, maîtrisés ou aliénés.
Ces mutations ont transformé notre rapport à l’espace et au temps. Les cadres spatio-temporels classiques de la quotidienneté, les limites des territoires et les calendriers d’usage ont explosé. Chacun jongle avec le temps entre sa vie professionnelle, familiale et sociale, son travail et ses obligations quotidiennes. De nouvelles inégalités apparaissent entre populations, organisations et territoires inégalement armés face à l’accélération et à la complexification des temps sociaux.
Désormais, il s'agit de prendre en compte les rythmes dans l’observation et l’aménagement. Il faut construire une « rythmanalyse », dont Henry Lefebvre avait bien mesuré les enjeux, et convoquer chorégraphes et musiciens à ces « danses de la ville ». Dans une logique de développement durable, nous devons également réfléchir à un «urbanisme temporaire» qui s’intéresse aux modes d’occupation partiels des espaces et temps de la ville. Il est aussi nécessaire de prendre en considération les « calendriers » et de coordonner les activités afin d’assurer la polyvalence et la modularité des espaces autour de l’idée de « ville malléable ».

Résumé d'après un texte de Luc Gwiazdzinski.


Programme : 



08h00. 
Accueil – Café croissants



08h45 – 09h00. Mots de bienvenue
Emmanuel Reynard - Directeur de l'Institut de Géographie et Durabilité de
l'Université de Lausanne, Professeur ordinaire de Géographie Physique
Pierre Yves Delcourt - Président de la Fédération Suisse des Urbanistes - Section romande
Bernard Lensel - Président d’Urbanistes des Territoires (France) 

09h00 – 09h15.
Luc Gwiazdzinski, géographe – Grenoble – France
Introduction de la journée

09h15 – 10h15. 
Sandra Bonfiglioli, professeur de Planification Territoriale et Urbaine - Italie
Politecnico di Milano, initiatrice de la doctrine urbanistique des espaces-et-temps de la ville (LabSat, 1985, Politecnico di Milano), Milan
Pourquoi les temps sont-ils un problème urbain ?

Jean-Michel Evin, directeur général et Gabriel Jourdan, urbaniste - France
Agence d'urbanisme de la région grenobloise, Grenoble
Espaces, temps et mobilités : entre constances et ruptures

Luc Gwiazdzinski, géographe – Grenoble – France
Eclairage et débat



10h15 – 11h15
Peggy Buhagiar - France
Responsable Recherches-Actions - Pôle Usagers Qualité et Temps / DUCT - Mairie de Paris
Ville de Paris : usages et temps

Lucie Verchère, psychologue - France
GRANDLYON - Chargée de mission "temps et services innovants", Lyon
http://www.espacedestemps.grandlyon.com http://www.scoop.it/t/les-temps-de-la-ville
Quand le GRANDLYON explore le temps pour incuber des services innovants

Guillaume Drevon, doctorant en géographie – France / Luxembourg
UMR PACTE 5194, Université de Grenoble - CNRS, Grenoble, France CEPS/INSTEAD, Geography and Development Department (GEODE), Esch- sur-Alzette
Temps et mobilités quotidiennes des frontaliers. Le cas de la région métropolitaine luxembourgeoise

Olivier Klein, chargé de recherche en géographie - Luxembourg
CEPS/INSTEAD, Pôle Géographie et Développement, Esch-sur-Alzette
Géovisualisation des espace-temps quotidiens : propositions d'outils d'aide à la réflexion

Florent Cholat et Géraldine Durieux, étudiants master - France
Etudiants en Master 2 Sciences du Territoire parcours Innovation et Territoire Institut de Géographie Alpine, Université Joseph Fourier - Grenoble 1
Temps et mobilités des jeunes et des personnes âgées

Luc Gwiazdzinski, géographe – Grenoble – France
Eclairage et débat


12h30-14h30
Repas sur place


14h30-14h45
Luc Gwiazdzinski, géographe – Grenoble – France

Synthèse du matin et introduction du programme de l'après-midi

14h45-16h00
Sandra Mallet, maître de conférences - France
EA 2076 Habiter, Institut d'Aménagement des Territoires, d'Environnement et d'Urbanisme Université de Reims Champagne-Ardenne
Quelle(s) temporalité(s) dans les projets urbains dits "durables"?

Michèle Tranda-Pittion, docteur en art de bâtir et urbanisme - Suisse
Architecte EPFL, urbaniste FSU, Bureau TOPOS, Genève
Temporalités du projet urbain et jeux d'acteurs

Lionel Chabot, architecte paysagiste et géographe aménagiste - Suisse
Exerce à titre indépendant, Genève
Les aménagements papillons - nouvel outil stratégique d'aménagement urbain ?

Luc Gwiazdzinski, géographe – Grenoble – France
Eclairage et débat

16h00 – 17h00

Olivier Français, municipal des travaux – Lausanne – Suisse
Témoignage d'un élu

Luc Gwiazdzinski, géographe – Grenoble – France
Vers un urbanisme des temps 
Débat

17h00 - 18h00
Clôture de la journée
Café de l'amitié


vendredi 31 mai 2013

Parcours exploratoire à pied autour de la métropole grenobloise (Master 1 Innovation et territoire)

Fabrique métropolitaine de Grenoble


Les étudiants du Master Innovation et territoire (www.masteriter.fr) ont parcouru à pied les limites de la métropole grenobloise, éprouvant les coupures et les coutures.
Au-delà du mécano institutionnel, une métropole, c'est avant tout des hommes et des femmes qui vivent à cette échelle.


http://explorationlimitesmetrogrenoblemasteriter.fr/index.html


lundi 29 avril 2013

Concevoir la ville pour vivre le temps 2013, 10ème rencontre franco-suisse des urbanistes


Concevoir la ville pour vivre le temps 2013

10ème Rencontre franco-suisse des urbanistes

Lausanne (Université de Lausanne) – vendredi 5 juillet 2013



Théme de la journée

Aujourd'hui, de multiples temporalités urbaines, générées tant par la ville elle-même que par ses résidents, interfèrent avec l'organisation du territoire. Ainsi, le temps et l'espace se combinent pour modeler nos métropoles et ont fait naître de nombreux concepts tels que chronoaménagement, accessibilité, proximité, banques du temps, maison des temps, etc.
Penser la ville, c'est se confronter aux "prescripteurs de temps" qui l'habitent et à la pluralité des temps sociaux qui la régissent. Ainsi, concepteurs et gestionnaires doivent s'approprier les différents rythmes urbains afin de créer l'espace nécessaire à la synchronisation des temps individuels ou collectifs.


Au cœur du débat sur le projet urbain se posent les questions de la qualité du temps perçu et de l'intensité du temps vécu. Cependant, à l'heure de la ville connectée, l'ère du "tout en même temps" n'est-elle pas venue? L'enjeu de la "ville hors ligne" ne préfigure-t-il pas la révolution temporelle de demain?


Programme provisoire

Concevoir la ville pour vivre le temps


Concevoir la ville pour vivre le temps 2013

10ème Rencontre franco-suisse des urbanistes

Lausanne (Université de Lausanne) – vendredi 5 juillet 2013



Théme de la journée

Aujourd'hui, de multiples temporalités urbaines, générées tant par la ville elle-même que par ses résidents, interfèrent avec l'organisation du territoire. Ainsi, le temps et l'espace se combinent pour modeler nos métropoles et ont fait naître de nombreux concepts tels que chronoaménagement, accessibilité, proximité, banques du temps, maison des temps, etc.
Penser la ville, c'est se confronter aux "prescripteurs de temps" qui l'habitent et à la pluralité des temps sociaux qui la régissent. Ainsi, concepteurs et gestionnaires doivent s'approprier les différents rythmes urbains afin de créer l'espace nécessaire à la synchronisation des temps individuels ou collectifs.


Au cœur du débat sur le projet urbain se posent les questions de la qualité du temps perçu et de l'intensité du temps vécu. Cependant, à l'heure de la ville connectée, l'ère du "tout en même temps" n'est-elle pas venue? L'enjeu de la "ville hors ligne" ne préfigure-t-il pas la révolution temporelle de demain?

Programme 

vendredi 26 avril 2013

40 ans - le périphérique au coeur



25 avril 2013, par Babel Photo
40 ans – Le périphérique au coeur
Luc Gwiazdzinski
 25 avril 1973 / 25 avril 2013 - le périph célèbre ses 40 ans aujourd'hui.

« Dans quelques jours, faire le tour de Paris en voiture sans rencontrer un seul feu rouge ne sera plus un rêve ». C’est en ces termes qu’en 1973, le journaliste vedette Léon Zitrone annonça aux français installés devant leur poste de télévision noir et blanc, l’inauguration du boulevard périphérique parisien. L’anneau de béton a donc quarante ans. Anniversaire oblige : l’infrastructure extérieure s’invite un temps dans les conversations capitales. La marge éclaire le centre et nous invite à dépasser les bornes. Le pas de côté permet l’émergence d’un débat plus large sur la métropole parisienne à différentes échelles, entre compétitivité et solidarité, fluidité et urbanité, développement et besoin de nature. On nous annonce la fin de périphérique et le périphérique n’a jamais été aussi présent.
Chacun d’entre nous, usager, passager, habitant de la zone périphérique, est un témoin de sa vitalité. Avant de l’enterrer, il est temps aujourd’hui d’évoquer son rôle central dans la vie quotidienne de millions de personnes et d’imaginer les futurs possibles à l’échelle de Paris et sa région.

Symbole ambigu
Butte témoin de notre histoire récente, le périphérique est dès son origine un objet urbain paradoxal qui marque à la fois le sommet des Trente glorieuses et le début d’une période de crise permanente dont nous ne sommes jamais sortis. Il est un emblème de la modernité dans un vieux pays nostalgique qui ne croit plus au progrès et aux lendemains qui chantent. Il est aussi le symbole d’une société de la consommation et de l’automobile dont nous avons perçu les limites. Depuis son inauguration par le premier Ministre Pierre Mesmer le 25 avril 1973, son image a bien changé. L’autoroute urbaine la plus empruntée d’Europe est désormais synonyme de nuisances. Artère essentielle et frontière palpable, le périphérique irrigue et ceinture une ville à l’étroit qui rêve d’un avenir métropolitain soutenable. Construit sur les anciennes fortifications, le « périph » qui a succédé aux « fortifs » est très souvent perçu comme une barrière, un mur entre Paris et la banlieue, ceux du dedans et ceux du dehors. Mieux, le périphérique semble un frein aux ambitions d’un Grand Paris qui sait désormais que son avenir est aussi sur les marges, hors les murs. La mise à l’échelle de Paris passe par le dépassement du périphérique, son intégration urbaine et métropolitaine.

Dernière frontière
Depuis quelques temps, on se met à rêver de la frontière coupure en frontière couture. Le périphérique apparait comme une nouvelle terre promise pour une métropole à l’étroit qui veut dépasser les bornes pour réconcilier l’Urbs et la Civitas, ré-articuler la ville fonctionnelle et la ville administrative, améliorer la vie quotidienne des habitants et conserver son rang dans le classement des villes mondes. Après avoir envisagé de limiter la vitesse à 70 km/h, on parle désormais de couvrir le boulevard, d’y installer une canopée solaire voire une exposition universelle qui permettrait d’y développer des services, des équipements et des jardins. Au-delà des discours, les coûts de couverture élevés et la perspective peu attractive d’un parcours de 35 kilomètres en sous-sol semblent condamner à l’avance l’enterrement de première classe du périphérique. L’actualité serait plutôt aux petits tricotages permettant de retisser le lien entre la ville et la banlieue en continuant à profiter par endroit des perspectives métropolitaines. On cherche à estomper l’impact d’une infrastructure essentielle que l’on ne peut faire disparaître en multipliant les liaisons de part et d’autre, en équipant les portions couvertes et en végétalisant. La couverture de la Porte des lilas avec son jardin, son cinéma et son école de cirque est une figure intéressante de ce futur périphérique qui s’esquisse.
Le nouveau jardin Anna Marly avec ses pelouses, ses jardins partagés et ses terrains de sport dans le XIVe arrondissement creuse cette voie. On cherche aussi à tisser des liens sous l’anneau de béton là où le périphérique est suffisamment haut avec par exemple un projet de place publique dans le XVIIe arrondissement. Dans le XIXe, on plante des milliers d’arbres de part et d’autre de l’infrastructure et l’on enchante le projet en évoquant - avec un lyrisme qui rappelle Jean Giono - l’émergence d’une « forêt linéaire ». Ailleurs on réfléchit à de nouvelles passerelles et passages : une maille à l’envers, une maille à l’endroit. Nous rêvons personnellement que les nuits parisiennes puissent également trouver là un autre lieu de déploiement et d’exténuation à la hauteur des ambitions de la ville lumière, un espace où chacun puisse vivre sa nuit sans réveiller l’autre.

Occasion d’innover
Le périphérique est à l’image d’une société paradoxale, où dans la même journée chacun change d’avis et de costume et exige tout et son contraire. Au moment où l’automobile mute vers moins de nuisances et alors que les réseaux deviennent intelligents, son aménagement est un symbole et un test pour Paris, les communes limitrophes et l’ensemble de la région. Le chantier qui s’ouvre est ambitieux et doit permettre de concilier les enjeux de desserte et les enjeux d’habitation, prendre soin des 300 000 personnes qui passent un peu de leur temps sur le ruban d’asphalte sans oublier les 100 000 personnes qui résident à proximité. Frontière intérieure du Grand Paris qui émerge, le périphérique ne doit pas seulement être perçu comme une contrainte.

C’est une chance pour Paris et les communes d’expérimenter avec l’ensemble de la population de nouvelles formes d’habiter les architectures de la mobilité. Entre ville mobile et ville nature, circuler et résider, le périphérique est un formidable laboratoire, un terrain d’aventure pour une nouvelle ingénierie urbaine, un objet hybride pour un nouvel imaginaire métropolitain. Le périphérique parisien est l’occasion d’esquisser les contours d’une nouvelle « métropolité » entre local et international, habitants et résidents, Urbi et Orbi. Le boulevard périphérique n’est pas qu’un simple ruban de bitume et de béton. C’est un monument, un rite, un symbole qui cristallise les enjeux d’une société en mouvement. Le périphérique est un monde habité. A nous de l’urbaniser.


Luc GWIAZDZINSKI est géographe et le préfacier du livre Périphérique, Terre promise.
Enseignant-chercheur en aménagement et urbanisme à l’Université Joseph Fourier de Grenoble il est responsable du master Innovation et territoire et président du Pôle des arts urbains. Il oriente ses enseignements et ses recherches sur les questions de métropolisation, de mobilité, d’innovation et de chrono-urbanisme. Expert européen, il a dirigé de nombreux programmes de recherche, colloques internationaux, rapports, articles et ouvrages sur ces questions avec l'économiste Gilles Rabin : Urbi et orbi, 2010, l’Aube ; La fin des maires, 2007, FYP ; Si la route m’était contée, 2007, Eyrolles ; Nuits d’Europe, 2007, UTBM, Périphéries, un voyage à pied autour de Paris, 2007, l’Harmattan ; La nuit dernière frontière de la ville, 2005, l’Aube ; La nuit en questions (Dir.), 2005, L’Aube ; La ville 24h/24, 2003, l’Aube (…) /
http://estran-carnetsdetonnement.blogspot.com/

lundi 15 avril 2013

Nuits urbaines : Genève a perdu ses exutoires


Nuits urbaines : Genève a perdu ses exutoires

Interview, Luc Gwiazdzinski, Le Courrier de Genève, 

http://www.lecourrier.ch/106540/nous_sommes_encore_dans_une_democratie_du_sommeil


Avancer la fermeture des bars pour endiguer les nuisances, une bonne solution d’après-vous?

Outre les problèmes de survie des établissements concernés qui se sont adaptés aux horaires de plus en plus tardifs des usagers, les expériences montrent que la fermeture des bars jette des populations importantes dans la rue au même moment sans résoudre le problème. Pire, elles ont tendance à l’amplifier et à créer des points de cristallisation. L’étalement des horaires de fermeture pourrait être une solution plus à même de laisser s’épuiser la nuit et ses consommateurs.

Comment analysez-vous la polémique que cela a suscité à Genève? 

Les tensions qui traversent les nuits genevoises sont révélatrices des mutations plus profondes de nos modes de vie à l’heure de la mondialisation. A Genève comme ailleurs, la nuit est longtemps restée une dimension oubliée de la ville qu’il faut désormais intégrer aux politiques publiques dans des politiques temporelles qui restent à construire.

Cette guerre des tranchées a-t-elle été exacerbée par une pénurie de lieux nocturnes?
 
Très certainement. Avec sa culture des squats, Genève avait sans doute l’habitude des exutoires qui permettaient en partie de concentrer la dynamique des noctambules, de masquer les conflits existant ailleurs. Avec quelques années de retard sur ses consœurs européennes, Genève est en voie de normalisation et a besoin de trouver de nouveaux types d’espaces libres pour canaliser les énergies.

Comment? 

Elle pourrait par exemple profiter des chantiers et lieux en friche ou en transition pour les intégrer dans une politique d’urbanisme temporaire. Plus globalement, il faut intégrer la nuit dans l’aménagement du territoire. Il manque des politiques de planification temporelle.
 

La question du coût de la nuit est aussi intéressante. Ne faudrait-il pas imaginer des activités nocturnes qui ne soient pas payantes? 
Avec un éclairage modulaire, l’ouverture prolongée d’espaces publics comme les parcs, etc. La Ville de Genève a récemment décidé d’allonger les horaires de la police municipale pour mieux appréhender le tapage nocturne. Votre avis?
Cela va dans le sens de l’apaisement et d’une meilleure connaissance de la ville la nuit, à condition de construire une co-évaluation régulière des dispositifs avec l’ensemble des personnes concernées. Car il faut absolument passer d’une approche des «problèmes de la nuit», à celle d’une «politique de la nuit» et des temps urbains. Le droit à la ville devra immanquablement se doubler d’un droit à la nuit.

vendredi 5 avril 2013

Célébrons les 40 ans du périphérique, 19h30, 25 avril 2013 à la Bellevilloise, 19-20 rue Boyer, 75020 Paris

Rendez-vous périphérique,
19h30, 25 avril 2013
à la Bellevilloise, 19-20 rue Boyer, 75020 Paris
Leo Henry
Luc Gwiazdzinski
Collectif Babel
Caroline Perreau
Les Editions h'hartpon
pour la sortie du livre Périphérique, terre promise

http://peripherique.blog.lemonde.fr




Master Innovation et territoire à Grenoble (www.masteriter.fr)


Master Innovation et territoire (ITER)






"Il faudrait que l'homme accroisse sa curiosité 
et accepte la complexité du monde dans lequel il vit" 

Theodore Zeldin, historien anglais, 
Grenoble, 28 mars 2012

> Objectifs et débouchés :

L'objectif de cette formation "Innovation et territoire" est de former des chercheurs et des professionnels (responsables de projet, chargé de mission, chargé d'études, consultant, conseiller...) en aménagement, développement local et urbanisme capables de répondre aux attentes des collectivités, des entreprises ou des associations qui cherchent à développer de nouvelles compétences et à disposer dans leurs équipes de professionnels capables de s'adapter aux nouveaux enjeux, d'imaginer, hybrider, concevoir, créer et développer autrement et avec d'autres au-delà des frontières disciplinaires habituelles (www.masteriter.fr)


> Organisation :

La formation de deux années est construite autour de modules thématiques d'une semaine à quinze jours (cours, séminaires, ateliers, conférences, débats et travaux de terrain) construits en lien avec les associations, collectivités ou entreprises associées. Des stages de 4 mois à six mois sont prévus en France ou à l'étranger. (www.masteriter.fr)

> Programme :

Le M1 comporte les modules suivants : théorie des sciences territoriales ; Introduction à l'innovation territoriale, Innovation, environnement, nature et développement soutenable ; Innovation, temps et mobilités ; Innovation et développement économique ; innovation et gouvernance ; Innovation, art et créativité territoriale ; Innovation et métropolisation ; Méthodologie ; Innovation, tourisme, nature et loisirs (+ stage et mémoire)
Le M2 comporte les modules suivants : Innovation, communication et design des politiques publiques ; Innovation et prospective ; Innovation, imaginaires, planifications et utopies ; Innovation, nature et numérique dans les territoires métropolitains ; Citoyenneté augmentée, qualité et bien-être ; Méthodologie du mémoire et design collectif ; Anglais (+ stage + mémoire et atelier collectif annuel co-produit avec un partenaire du Master).
En seconde année, le Master Innovation et territoire propose également un parcours "Tourisme, Innovation, Transition" et un parcours en langue anglaise "International dévelopment Studies"
(www.masteriter.fr)

> Equipe pédagogique :

L'équipe pédagogique est composée des enseignants et chercheurs suivants : Philippe Bourdeau, Yves Chalas, Marie-Christine Fourny, Luc Gwiazdzinski, Bernard Pecqueur, Olivier Soubeyran, Martin Vanier et une cinquantaine d'intervenants, enseignants, chercheurs et professionnels français et étrangers. Les modules ont lieu à la Cité des territoires à Grenoble, sur les terrains d'étude mais également sous forme de cours et ateliers sur d'autres sites en France et en Europe (Genève, Milan, Tours...).
(www.masteriter.fr)


> Mots clés :

Aménagement, approche sensible, art et ville, cartographie, chrono-urbanisme, culture, développement local, développement économique, développement durable, design des politiques publiques, diagnostic territorial, ergonomie, esthétique, expertise d'usage, frontière, géographie, hybridation, imaginaire, innovation ouverte, métropolisation, mobilité, nature, politiques publiques, qualité de vie, représentations, SIG, temps des villes, tourisme, Urbanisme, ville numérique (...) 

 
> Informations

http://www.masteriter.fr
http://www.ujf-grenoble.fr/formation/diplomes/masters/domaine-sciences-humaines-et-sociales/master-mention-sciences-du-territoire-specialite-innovation-et-territoire-r--218715.htm


> Contacts et inscriptions :

Informations pédagogiques :
Luc.gwiazdzinski@ujf-grenoble.fr


Inscriptions administratives :

Marie-sophie.arcaina@ujf-grenoble.fr (master 1)
nadia.lachkar@ujf-grenoble.fr (master 2)



Luc GWIAZDZINSKI, Géographe


Responsable du "Master innovation et territoire" 

Laboratoire Pacte (UMR CNRS), Université Joseph Fourier, 
IGA, 
14bis, avenue Marie Reynoard
38100 Grenoble France

Tel : 06-43-71-69-44



www.masteriter.frwww.masteriter.frwww.masteriter.frwww.masteriter.frwww.masteriter.frwww.masteriter.frwww.masteriter.frwww.masteriter.frwww.masteriter.frwww.masteriter.frwww.masteriter.frwww.masteriter.frwww.masteriter.frwww.masteriter.frwww.masteriter.frwww.masteriter.frwww.masteriter.fr

On a tout essayé


On a tout essayé

Interview, Luc Gwiazdzinski, Journal Sud Ouest, 27 octobre 2012




Il faut bien l'admettre : l'urbanisme passionne les Rochelais. Et pas seulement la gestion des crottes de chiens et des bordures de trottoirs. La ville a quasiment fait salle pleine, hier, au forum des Pertuis, pour le géographe Luc Gwiazdzinski venu traiter des « mutations urbaines » et de « la ville en mutation ».

Un thème de haute volée sur l'adaptation des espaces urbains, des transports aux nouveaux rythmes de vie. « Il faut avoir une approche chronotropique de la ville, utiliser la clé des temps », avance notamment le Grenoblois. En clair ? 18 % des salariés travaillent régulièrement, ou de temps en temps, la nuit. 54 %, le samedi et 28 %, le dimanche. Et pourtant, commerces, services, transports sont organisés comme si cette population n'existait pas.

En terme de déplacements, on ne peut plus seulement parler de domicile-travail : « Nous avons affaire à une mobilité zigzagante. On ne part pas de chez soi pour aller à son travail. On part de chez soi, on dépose ses enfants à l'école, on s'arrête prendre du pain… On n'est plus dans l'image de Doisneau avec les heures d'embauche et de débauche ».

Se loger, se distraire, travailler, se nourrir : toutes ces actions s'entrecroisent pour former un maillage espace-temps particulièrement complexe. « Et chaque habitant n'utilise, dans son trajet, que 1 % de la ville ».

Luc Gwiazdzinski a donc secoué le cocotier des certitudes sur l'urbanisme de demain. Même si La Rochelle ne s'est jamais vraiment reposée sur ses lauriers. En réinventant, sans cesse, une nouvelle organisation urbaine, elle n'a jamais su réfléchir à un « schéma de cohérence temporelle », tel que l'a défini le géographe en référence au Scot (Schéma de cohérence territoriale). La conférence d'hier devrait permettre aux élus d'élargir leur champ de vision.

Le sens du mandat d'élu
Le maire, Maxime Bono, qui a ouvert le débat, a rappelé les grandes étapes de la « révolution » puis « vélorution » rochelaise : les rues piétonnes, les vélos jaunes, etc. « On a tout essayé. Nous avons raflé tous les prix en matière d'innovations urbaines et nous avons encore, pourtant, beaucoup d'interrogations. » D'où l'idée d'inviter l'une des têtes pensantes de l'urbanisme.

Prévu le 22 septembre, lors de la vraie-fausse journée sans voiture, la conférence-débat avait dû être décalée en raison de l'indisponibilité de l'invité qui put délivrer quelques vérités aux élus. Comme le fait que les électeurs votent où ils dorment, rarement où ils vivent. Un constat qui devrait faire réfléchir les politiques sur le sens de leur mandat.

Extension du domaine de la nuit



Extension du domaine de la nuit

Interview, Luc Gwiazdzinski, Magazine Demain la ville, Bouygues, 15 mars 2013



Avec la révolution numérique, les villes sont frappées d’insomnie. Longtemps réservée au repos, la nuit devient pour les citadins un temps de travail et de fête. Un défi qui oblige les municipalités à redéfinir leur offre de services et repousser les limites du vivre-ensemble.


Dimanche 3 février 2013, 5 heures du matin. Plusieurs centaines de personnes font sagement la queue devant les grilles du Grand Palais. Une affluence digne d’un week-end de printemps, le soleil en moins. D’habitude, à cette heure, seules quelques grappes de jeunes éméchés arpentent le bas de l’avenue des Champs-Elysées. Mais ce dimanche est un jour spécial. Le dernier d’un marathon de 62 heures durant lesquels le musée a ouvert ses portes sans interruption, permettant à des milliers d’oiseaux de nuit d’admirer la rétrospective consacrée au peintre américain Edward Hopper, avant la fermeture définitive de l’exposition.

Visiter un musée la nuit, avec le chuchotement des visiteurs insomniaques pour seul bruit de fond, est une expérience unique mais plus vraiment inédite. Désormais, tous les grands musées proposent des « nocturnes », le soir en semaine ou bien certains week-ends. La nuit tend même à devenir le nouvel espace de sociabilisation autour duquel s’organisent les rendez-vous populaires de la ferveur urbaine (Nuit Blanche à Paris, Nuits Sonores à Lyon, Nuit européenne des Musées, etc.). Mais cette « festivalisation de la nuit » dont parle Jean-Yves Boulin, sociologue et chercheur à l’université Paris-Dauphine, reste un phénomène encore neuf à l’échelle de l’Histoire.

Crèches nocturnes
Même en ville, la nuit a longtemps été l’espace-temps réservé au sommeil. Un moment d’inactivité, de repos social, durant lequel seuls les poètes et les brigands sortent de leur tannière. La vie citadine se calque alors sur les rythmes naturels et l’ensoleillement. Plus tard, les journées sont rythmées par la cloche de l’Église et la sirène de l’usine. Avec les progrès de l’éclairage public, la ville devient plus sûre, donc plus vivante et festive. Au début des années 1990, les habitants des grands centres urbains se mettent à chasser la moindre parcelle de temps libre. Le travail grignote la nuit. Des métropoles internationales comme Tokyo, Londres ou New York, cités verticales et capitales boursières, ne se couchent plus. Les villes plus modestes n’échappent pas non plus à la désynchronisation des emplois du temps. Sous la pression d’habitants demandeurs de nouveaux services nocturnes, notamment en termes de mobilité, les municipalités se saisissent alors du problème. Sans surprise, c’est en Finlande que les premières crèches nocturnes ouvrent leurs portes, dans un pays où, durant une grande partie de l’année, il fait nuit même le jour…

Maire de la Nuit
Pour mieux cerner les nouveaux rythmes urbaines, des municipalités en Europe ouvrent leurs « Bureaux des Temps ». Amsterdam va plus loin et décide, en 2003, d’élire un « Maire de la Nuit » pour faciliter la coopération entre la municipalité et les acteurs de la vie nocturne, qui devient alors un enjeu central du vivre-ensemble. Partout, les élus entendent répondre aux aspirations de leurs concitoyens, mais aussi utiliser la nuit comme un outil de marketing territorial, une opportunité pour rendre leurs villes plus modernes, donc plus attractives. « C’est urbi et orbi (Ndlr : « à la ville et à l’univers ») : il y a toujours à la fois la dimension pratique et la dimension iconique, l’enjeu local et l’enjeu global » explique le géographe Luc Gwazdzinski, responsable du Master Innovation et Territoire à Grenoble (Laboratoire Pacte, UJF). À chaque ville sa stratégie de séduction. Pour attirer les investisseurs, les métropoles anglaises mettent ainsi le paquet sur la night economy, tandis que Barcelone et Berlin préfèrent surfer sur leur réputation de capitales européennes de la nuit pour attirer les touristes. Paris et Genève ont choisi de prendre le temps de la réflexion en organisant, respectivement en 2010 et 2011, des « États Généraux de la Nuit ». Dans la foulée, la cité suisse a créé son « Grand Conseil de la Nuit », un rassemblement de dirigeants d’établissements nocturnes qui s’est donné pour mission de sensibiliser les acteurs locaux tout en réveillant les nuits génevoises. « L’idée est de créer des plateformes mêlant veille, mise en réseau, lobbying et écoute permanente des citoyens sur les questions de vie nocturne » explique Luc Gwazdzinski.

Réconcilier les générations
La nuit a beau étendre son empire, les différentes familles de citadins la perçoivent et la « vivent » différemment. Pour les jeunes, elle rime avec fête et liberté. Pour les seniors, elle est plutôt synonyme de silence et de repos. Souvent, cet espace-temps encore sauvage est donc le théâtre de tensions. Nuisances sonores, pollution lumineuse, violences urbaines… Pour préserver la tranquilité des riverains, les grandes villes françaises ont élaboré des chartes de bonne conduite. À Dijon, le dispositif « Harmonuits » a permis la mise en place d’un comité de médiation citoyen pour faire tampon avant l’intervention de la police en cas de conflit. « Mais il faut encore passer la vitesse supérieure », assure Chantal Trouwborst, la conseillère municipale déléguée aux temps urbains, qui souhaite que les jeunes adultes s’impliquent plus pour faire progresser le vivre-ensemble : « On travaille avec les jeunes et les personnes âgées, majoritaires dans les conseils de quartier. Mais c’est encore difficile d’impliquer les 22-35 ans, qui entrent dans la vie professionnelle et s’occupent peu de la vie citoyenne. Nous devons leur donner envie de se faire entendre. »

Adjoint au Maire de Paris en charge du Bureau des Temps et élu du XIe arrondissement, Philippe Ducloux est sur la même longueur d’onde : « Le tissu associatif est phénoménal, les conseils de quartier font émerger plein de propositions, mais il reste encore beaucoup à faire pour renforcer le dialogue intergénérationnel », explique Mr. Ducloux, qui planche en ce moment sur « l’ouverture nocturne des centres d’animation, notamment dans les XIIe et XIXe arrondissements ».

Impliquer les jeunes dans la vie du territoire : à Rennes, l’idée a fait ses preuves. Pour lutter contre le phénomène de « biture express » dans son centre-ville, la cité bretonne s’est inspirée d’une expérience menée dans la ville espagnole de Gijon. En 2005, elle a lancé « La Nuit des 4 Jeudis », un dispositif qui propose aux 18-25 ans « une autre nuit » à travers une offre de loisirs gratuits et sans alcool. Si le succès est au rendez-vous, c’est parce que la ville a associé au programme les associations étudiantes et les jeunes porteurs de projets culturels.

Sortir de l’archipel
Animal diurne, l’homme n’est pas naturellement armé pour évoluer la nuit dans un espace urbain conçu en priorité pour ses activités de jour. En ville, obscurité rime donc souvent avec isolement. « La nuit, la ville n’est ni plus dangereuse, ni plus libre. Simplement, elle devient une caricature du jour. Tout y est exacerbé. C’est un moment de discontinuité durant lequel la ville fonctionne en archipel, comme un chapelet d’îlots coupés les uns des autres. Nous évoluons alors comme des papillons, attirés par la lumière et concentrés sur quelques espaces » analyse Luc Gwazdzinski, qui organise régulièrement des « traversées nocturnes » dans les grandes villes européennes pour « établir des passerelles entre la ville qui dort, celle qui s’amuse, celle qui se déplace et celle qui travaille ».

Pour faciliter la vie nocturne des citadins et réduire les disparités entre des centres animés et des périphéries éteintes, les municipalités développent leur offre de transports. Les vélos en libre service et les lignes de bus nocturnes sont un premier pas. À Dijon, la ligne « Pleine Lune » passe ainsi par le campus et la plupart des quartiers animés de la ville. Et à Paris, ce sont pas moins de 47 lignes de Noctilien qui permettent aux oiseaux de nuits de rentrer chez eux et aux travailleurs nocturnes de partir au travail, soit 9 millions de voyageurs par an et 31 000 clients par nuit en moyenne le week-end. Un effort important a aussi été fait pour informer les citadins sur l’évolution de la vie nocturne : Bruxelles et Lyon proposent ainsi une cartographie évolutive des lieux et services accessibles de nuit.

Éviter l’uniformisation
Avec la révolution numérique, c’est le téléphone portable qui dicte les emplois du temps, transformant la ville en un espace à la carte. Rivés aux écrans, les Français dorment moins de sept heures par nuit, soit 1h30 de sommeil en moins par rapport aux années 1960. Résultat : le coeur de la nuit, creux dans les activités, s’est réduit à 3h en Europe. Il est désormais compris entre 1h30 et 4h30 du matin, d’après les travaux de Luc Gwazdzinski. Émerge à l’horizon la figure de la ville en continu, vivante 24h/24 et 7j/7. Un mirage ? « Chaque ville a sa propre couleur temporelle. Et c’est grâce à la nuit que chacune d’elle retrouve son identité » estime Jean-Yves Boulin, qui ne croit pas à l’aseptisation et l’uniformisation programmée des métropoles. « Nous évoluons dans un temps numérique mondial, mais notre corps a besoin de temps d’arrêt. Quels sont les garde-fous qui permettront d’éviter la surchauffe ? Voilà une question dont les pouvoirs publics doivent s’emparer. Sinon, le marché le fera à leur place. Sans débat public l’arbitrage se porte sur les plus faibles qui n’ont pas le choix » souligne Luc Gwazdzinski, qui plaide pour que nous fassions de la nuit un laboratoire du vivre-ensemble, un espace de créativité et d’innovation ouverte pour inventer la ville de demain. La démocratisation de la nuit urbaine est en marche.